Albert e la balena by Philip Hoare

Albert e la balena by Philip Hoare

autore:Philip Hoare [Hoare, Philip]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Historical, General
ISBN: 9788842830375
Google: AdU6zwEACAAJ
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2022-01-15T09:52:23+00:00


Beebe scrisse delle sue esperienze sul National Geographic nel 1934. Il titolo: A mezzo miglio di profondità: le creature che si mostrano alle finestre della batisfera sono bizzarre, splendide e grottesche, sembrano inventate (mi immagino Mann che trova una copia consunta nella sala d’aspetto del dentista). L’articolo era accompagnato da illustrazioni fantastiche a opera della giovane artista Else Bostelmann, la quale dovette affidarsi alle descrizioni di Beebe, a loro volta affidate a cavi telefonici sottomarini situati a migliaia di metri di profondità, tutto questo per creare immagini dettagliate di organismi fluorescenti viola e rosa, come dipinti su velluto nero. In maniera non dissimile a Dürer, Else disegnò l’invisibile. In effetti, secondo alcuni critici, Beebe questi mostri li aveva immaginati, oppure aveva visto qualcosa che non c’era attraverso la condensa formatasi sui vetri della campana subacquea, o ancora aveva avuto delle allucinazioni dovute alla scarsità di ossigeno. Altri però fecero notare che, sebbene le sue descrizioni si discostassero da quelle di qualunque animale noto, questo territorio sconosciuto era ancora così misterioso che Beebe poteva anche essere il primo e ultimo uomo vivente ad aver visto quelle creature. Al di là di cosa avesse effettivamente osservato laggiù grazie a quel bulbo oculare gigante sospeso nel buio, i suoi resoconti ebbero un’eco sensazionale. Furono trasmessi in diretta radio come un allunaggio e ne fu tratto un film, Titans of the Deep, talmente esagerato nei toni che in alcuni cinema fu proiettato come film dell’orrore, e Beebe se ne dissociò.

Dal canto suo, la versione di Mann della spedizione di Beebe diventò una fantasia dark, accompagnata da un’orchestra. A mille e cento metri di profondità e con una pressione di cinquecentomila tonnellate, nell’estraneità irrequieta e muta, Adrian vede ciò che di solito non si guarda e non si deve guardare, e che a sua volta non si aspetta di essere guardato, ciò che è mostruosamente fuori dall’umano, in den Ozean der Welten alle. (Una delle sue prime composizioni è Phosphorescence de la mer.) Dall’oscurità si profila minacciosa una visione da incubo fatta di orride fauci e occhi telescopici, argonauti e pesci color oro e argento con bulbi stralunati in cima alla testa; altri fanno dondolare lanterne fosforescenti a mo’ di esche. Vengono tutti colti da spasmi di eccitazione: una di quelle cose viscide tocca la capsula e si disintegra in mille pezzi.

Ma appena raggiunge le profondità più estreme, non potendo procedere oltre, Adrian tutt’a un tratto volteggia, nella sua immaginazione infetta, nello spazio interstellare. È Faust nel momento in cui gli viene mostrato l’Empireo. Osserva le galassie formare sagome simili a quelle di orologi appiattiti, e si rende conto che l’universo al di là di quelle non è finito né infinito: è quello che è, e basta. In alto, al di sopra del mondo, vede che le teorie medievali sui destini stellari trovano eco nelle più recenti teorie scientifiche, secondo le quali i germi, i batteri e gli organismi provenienti da altri pianeti – Marte, Giove, o Venere – potrebbero provocare un’epidemia di influenza sulla Terra.



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